hegel taoista

Sarei molto contento se quanto scrivo qui sotto riuscisse a incastrarsi in un angolino del vostro cuore, perché potrebbe aprire qualche porta, ma forse basta leggere il daodejing che è molto più gradevole.

La ragione è quello spontaneo tracollare al di là del limite che ci viene imposto.

 

Nel 1700 secco secco G.W. Leibniz viene in contatto con l’I Ching, portato presumibilmente per la prima volta all’attenzione degli intellettuali europei dal missionario gesuita Joachim Bouvet. Leibniz aveva già lavorato sui numeri binari, a quell’epoca. Mi chiedo cosa abbia provato, come essere umano, a vedere che i cinesi c’erano già passati quasi tremila anni prima. 

Kant, vuole la leggenda, muore vecchietto balbettando: "va bene così". E in effetti, un nano macrocefalo che arriva alla sua età non può che considerarsi fortunato, anche considerando, dal punto di vista cinese, gli effetti positivi di una vita estremamente regolare (vuole ancora la leggenda che gli abitanti di konigsberg regolassero i loro orologi quando vedevano Kant uscire a fare le sue passeggiate pomeridiane).

G.W.F. Hegel, vuole Karl Rosenkranz, suo discepolo e primo biografo, pare sia morto dicendo che nessuno l’aveva capito. E non ci stupiamo.

Ora.

C’è stato un tempo in cui Hegel ancora non era famoso. A quel tempo, quello che scriveva era leggibile. Se qualcuno ha un minimo di interesse per la storia della filosofia, per il pensiero dialettico, o per il taoismo, la lettura del saggio sullo scetticismo, dovrebbe essere del 1802, risulta utile a capire molte cose, non ultimo tutto il pensiero del successivo hegel (ma questa di sicuro non è la cosa più interessante). In quel saggio si trovano perline interessanti.

Ad esempio, e lavoro di memoria, le fondamenta delle successive critiche agli idealisti che lo hanno preceduto, a partire da kant. Ad esempio, la chiara elucidazione della sua concezione della Ragione.

Una parentesi: non ho letto l’opera omnia di Hegel, ma ne ho letto abbastanza, e ho ragionato con gente che al contrario l’O.O. se l’è letta: Hegel non ha mai scritto di tesi antitesi e sintesi. Quindi se pensate di sapere qualcosa su Hegel, e in quello che pensate sono incluse quelle tre nefaste paroline di cui sopra, un atto di modestia intellettuale potrebbe essere un buon punto di partenza: tabularasate quello che non avete letto direttamente da testi hegeliani (o almeno da Eric Weil), che di cazzate ne sono state dette abbastanza. Poi fate voi. Chiusa parentesi. 

Lo scetticismo, come atteggiamento e tecnica, non è altro che la scoperta che ogni affermazione, in quanto determinata (o finita) può essere contraddetta. Per fare questo, gli scettici dell’antichità discettano assai, elaborano, categorizzano. Fanno un lavoro, molto accurato quanto poco filosofico, e producono tutta una serie di casi, che abbraccia ogni possibile affermazione. Poi arriva Hegel, un paio di millenni dopo, e fa notare l’operazione filosofica sottostante, cioè che appunto ogni affermazione, in quanto determinazione, è una falsificazione, e cioè può essere contraddetta. Ossia è piuttosto inutile discutere (col cazzo, disse quello di fronte allo sbirro che lo stava manganellando).

E’ dallo scetticismo che sorge la Ragione, come memento della finità del finito. In latino, ragione è ratio. In inglese, ratio è proporzione. Non è un caso. C’era già passato Empedocle, anche lui (volutamente?) non capito da Aristotele, quando parlava del logos come proporzione tra gli elementi.

Ci sono diverse questioni che si miscelano: 1) il rapporto finito-infinito-assoluto, 2) la proporzione degli elementi, 3) la ragione come rapporto. E’ più semplice di quello che sembra. 

1) finito, infinito, assoluto. o del perché dio è una questione superata. Qual è il posto di un Dio onnipotente, presente, brillante? Difficile a dirsi, tant’è che gli intellettuali cristiani hanno speso un sacco di tempo a giustificare il dominio della loro organizzazione, e quando la gente continua a rinculare, passano a sistemi più diretti (dalla teologia alla tortura il passo è breve). Dio è detto Assoluto. Più correttamente dovrebbe essere detto infinito, perché dio è l’aldilà, è l’onniassente. Dio è sempre un passo oltre a noi, che vorremmo prenderlo per il collo e fargli un paio di domande (almeno fino ai dieci, quindici anni di età). Il nostro è un mondo finito, il suo è quello infinito. Dio si contrappone alla nostra realtà con la sua, decisamente migliore come nelle pubblicità dei detersivi. Il problema appunto è che si contrappone. Da una parte il finito, dall’altra l’infinito. Hegel a questo punto fa notare che un infinito con un capo, un infinito che può sì andare avanti all’infinito, come le discussioni teologiche, ma che pur sempre si contrappone al finito, è parziale. Abbiamo una corda, ci appuntiamo uno spillo, da una parte sta il finito, dall’altra l’infinito. Se spostiamo lo spillo, abbiamo ancora finito e infinito. Senza il finito, niente infinito. Hmm… L’assoluto potremmo pensarlo come la corda? Hmm… Ni. Potremmo raffiguarcelo come l’intera corda, ma una corda, anche una corda infinita, è pur sempre delimitata. L’assoluto potremmo pensarlo come il pensiero? Ni. Perché il rapporto del pensiero con il suo esserci, con il suo essere pensato, lo rende limitato…

2) proporzione degli elementi. La medicina cinese, Ippocrate, Plinio (il vecchio), Empedocle. Lo yin e lo yang. L’essere e il non-essere. Das Sein und das Nicht-Sein. "He is smart, he does his homework".

3) ragione come rapporto. Dao fa ziran. Il Dao è la natura, è la spontaneità (in cinese i due concetti sono riferiti dallo stesso termine, ziran appunto). La ragione è quello spontaneo tracollare al di là del limite che ci viene imposto. Poco importa di quale sia il limite. Perché yin e yang sono così meravigliosi e belli? Perché non sono niente. Di qualunque qualunquità (ente, concetto, perfino di un processo?) possiamo vedere un aspetto. Poi di solito la Vita dopo un po’ arriva e ci mostra l’altro aspetto, e spesso son dolori*. Questo è quello che i "totalitarismi" sembrerebbero dimenticare (ma sul lungo periodo chi ci guadagna da un totalitarismo probabilmente si aspetta che prima o poi le cose cambieranno comunque sia, e nel frattempo, visto che sempre di brevi vite umane si parla, lui incassa), questo è anche perché Hegel non può essere visto come un precursore del pensiero totalitario. Perché per Hegel la ragione è il ponte che si crea tra un qualunque, das Etwas nella Scienza della Logica, e il suo altro. Si potrebbe dire: la ragione è il ponte che esiste tra un Etwas e il suo altro. Si potrebbe dire: la ragione è il manifestarsi (a chi?) del ponte che esiste tra una qualunque qualunquità e il suo altro. E’ il rapporto. E indovinate come si dice ragione in cinese? Esatto: Daoli, dove dao è quel Dao, , e li è , cioè "principio". Eh già. Non è un caso.

 

Il saggio sullo scetticismo del 1802 e il daodejing sono fratelli, xiongdi 兄弟, che è il modo in cui due non fratelli si dichiarano fratelli, in cinese. Non preoccupandoci dell’un aspetto, lasciamo che il suo altro venga a noi, scusate il tono biblico. Cos’è "stare impalati"? E’ questo. Accettare il dolore alla schiena e vedere come si può rilassare il torace, bilanciare lo yang della schiena (reni e scapole) con lo yin del petto e dell’addome. Perché sono un unico corpo, un’unico sistema, perché non sono scindibili nonostante non si sia in grado di vederne… il rapporto.

Non essere capito è doloroso. vabbè, immagino che Yang Laoshi insegni a delle pensionate cinesi perché l’ha capito. Un approccio lento vale più di questo post.

 

 

*A meno che non siate un po’ taoisti, che il vostro cuore sia tranquillo, e sappiate che di ogni aspetto c’è sempre l’altra faccia. Com’è che dice il Daodejing? La spada troppo affilata perde il filo… 

 

11 responses to “hegel taoista”

  1. fastidio

    Sono sintetico: ho letto cose corrette altre meno, ci sono molti più punti di contatto tra pensiero occidentale e orientale di quanto si pensi. Sicuramente un elemento di distanza e differenza è certamente il concetto di Logos.
    Pensaci.
    Pensaci relazionando la dialettica hegeliana e un cinese hegeliano, prendi Mao e la questione dell'”uno si divide in due”.
    Ti lascio con una domanda: perché nel pensiero cinese [di Mao] non c’è Aufebung?

    piss&luv

  2. neri

    grazie di questo contributo, per quanto sintetico (apparentemente non molto utile, se non forse a toglierti il prurito?). davvero vuoi che ti risponda, o posso permettermi di sospettare che tu abbia già la risposta? Pensaci. Oppure no, eh, insomma, fa come vuoi, non è un problema, eh.
    ciao.
    ps: sempre lieto che qualcuno possa togliersi il prurito, niente in contrario.

  3. neri

    estendo su un punto: Hegel non può essere detto, come vuole Popper, un precursore del pensiero totalitario. Proprio perché sa bene che qualunque presunto “assoluto” si proponga in terra verrà smentito dalla storia, e questo lo sa perché ha una concezione dell’Assoluto un tintinnino sofisticata. Come scrivevo in un post recente, il destino dei muri è quello di crollare/essere abbattuti. O “la spada troppo affilata…”
    Sic transit…

  4. neri

    sul tono della giornata di oggi scriverò a breve un altro post, se mi avanzeranno le banane. Ma devo dire che per quanto arrogante e appropriatamente fastidioso abbia trovato il commento di fastidio, mi ha incuriosito la questione dell’uno si divide in due. Per un semplice motivo: leggendo e rileggendo il daodejing, quell’uno si divide in due ha fatto immediatamente suonare un campanellino. Non conosco il pensiero di Mao, e non ho intenzione di approfondire, almeno a breve. Un giorno sarò forse in grado di leggerlo in cinese, e quel giorno avrò cose più interessanti da leggere
    “L’uno si divide in due” dovrebbe fare riferimento al pensiero del presidente Mao, ovunque in internet ho trovato riferimenti ai due principali scritti sulla contraddizione, “sulla contraddizione” del 1937, e “sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo” del 1957. Altrove leggo che l’uno si divide in due è una poetica sintesi venuta in voga ai tempi della rivoluzione culturale, cazzata cronologica giustificabile vista la passione di Mao, come di qualunque altro intellettuale cinese, per l’espressione “poetica” e sintetica, e per la quantità di slogan che la c.d. rivoluzione culturale ha reso famosi. [I cinesi praticamente parlano per slogan, se sapete cos’è un chengyu].
Ora, ho iniziato a leggere “sulla contraddizione” (evviva le contraddizioni), ho fatto un bel mela+f in entrambi i saggi su menzionati, e l’espressione non salta fuori. Poco importa, sicuramente Mao l’ha usata e io non sono in grado di rintracciare, al momento, il luogo in cui. Altrettanto poco importa.
    Il terzo capitolo della società dello spettacolo di Debord si apre con una citazione pechinese a proposito di una polemica in corso in cina. Cito:
    “Una nuova e animata polemica si svolge nel paese, sul fronte della filosofia, a proposito dei concetti “uno si divide in due” e “due si fondono in uno”. Questo dibattito è una lotta tra coloro che sono a favore e coloro che sono contro la dialettica materialistica, una lotta tra due concezioni del mondo: la concezione proletaria e la concezione borghese. Coloro che sostengono che “uno si divide in due” è la legge fondamentale delle cose stanno dal lato della dialettica materialistica. […]” Bandiera Rossa, Pechino, 1964
    Ora, mi permetto di farmi due risate e poi mettere da parte tutte ‘ste stronzate. Da una parte si dice che “Coloro che sostengono che “uno si divide in due” è la legge fondamentale delle cose stanno dal lato della dialettica materialistica [al contrario dei cattivi che sostengono che i due si fondono in uno]”, presumibilmente su diretta indicazione dello stesso Mao, dall’altra Mao scrive, proprio nel saggio del 1937, “In Cina il modo di pensare metafisico, che si esprime nelle parole “il cielo è immutabile e immutabile è anche il Tao”, fu per un lungo periodo di tempo difeso dalle classi feudali dominanti, nel periodo della loro decadenza”.
    Mao caca sul Daodejing e poi ne fa uno slogan di una certa presa… Come se berlinguer, parlando della questione morale, si fosse messo a citare il vangelo secondo Matteo (che ne so, magari l’ha fatto davvero), dopo aver cacato sulla Bibbia (cosa che non mi risulta abbia fatto).
    Se io mi metto a ragionare di Hegel e del daodejing lo faccio perché un minimo so di cosa parlo. Se il signor presidente Mao da una parte dice che il daodejing, da cui è tratta la citazione nella citazione di cui sopra, fu espressione della metafisica idealistica difesa dalle classi dominanti e bla bla bla, dall’altra sempre il signor presidente Mao usa uno slogan, l’uno di divide in due, che non è altro che una frase del 42° capitolo del daodejing, “dao sheng yi, yi sheng er, er sheng san, san sheng wan wu”, che più corretto sarebbe tradurre come “il Dao genera l’uno, l’uno genera il due, il due genera il tre, il tre genera le diecimila manifestazioni”.
    Ora, se il signor presidente Mao si concede il lusso di contraddirsi, la cosa non mi turba minimamente. Sull’uso e il significato di questa espressione, però, prima di venirmi a rompere i coglioni bisognerebbe togliersi il cappello e abbassare la testa, o almeno sorridere e essere simpatici, che poi non fa mai male. Perché Dao sheng yi etc etc è una questione piuttosto complessa. Vi rientrano:
- L’Yi Jing tutto, la cosmogonia cinese, il rapporto tra gli elementi
-Il Wu ji, il tai ji, lo yin, lo yang, e il rapporto yin yang
-il fatto che nelle arti marziali cinesi, tanto per fare un balzo nel pratico, si eseguano almeno tre movimenti perché da quei tre movimenti si dipanano tutte le possibili ramificazioni applicative (ciao ale/sensei!)
    Poi, dire che “nel pensiero cinese [di Mao]…” mi fa venire i brividi. Il pensiero di Mao è tanta roba, quantitativamente parlando, il pensiero cinese è un universo intero.
    Poi, dire che in Mao non c’è Aufhebung, pur non conoscendo Mao, mi sembra una cazzata proprio alla luce del fatto che cita il daodejing nei suoi slogan (ho trovato questo saggio di tale federico avanzini che potrebbe essere interessante in proposito: http://www.tuttocina.it/…cinese/047/047_avan.htm), ma qui, appunto, mi limito a un mi sembra perché Mao non è cosa mia.
    Infine, i cinesi semplicemente NON HANNO il concetto di logos, che quindi non può essere elemento di distanza e differenza. Distanza da che? Tra il concetto di giustizia di Hegel e il concetto di giustizia di Confucio, potremmo valutare la distanza, la differenza, le sfumature e cazzi e mazzi. I cinesi hanno il concetto di Dao.
Chiudevo il post dicendo che non essere capito è doloroso. Ma alle volte no, è perfino divertente, alla fine. Ad esempio, leggendo il saggio sulla contraddizione ho scoperto che quel paraculo di Maciocia nello spiegare la preminenza delle cause interne rispetto alle cause esterne nella medicina cinese sembrerebbe citare proprio Mao, a meno che Mao e Maciocia non citino la stessa fonte (e anche di questo non mi stupirei).
Ecco, non so se avrò banane di scrivere l’altro post…
    Comunque, fa sempre piacere quando qualcuno porta argomenti. Specie con spirito costruttivo, con la voglia di capire e creare ponti. Saluti.

  5. neri

    ripropongo il link, che quello sopra non va bene. Non è il massimo del divertimento, ma sulla questione può risultare interessante. Se proprio.

    http://www.tuttocina.it/…cinese/047/047_avan.htm

  6. maodun

    ah, maodun in cinese vuol dire contraddizione…

  7. fastidio

    Non controbatto su Popper o sul concetto di logos perché significa che non hai letto bene le quattro righe che ho scritto sopra e consumerei inutilmente la mia tastiera.

    Rispondo invece alla domanda che avevo posto e che non ha trovato purtroppo risposta.
    Il daodejing è una perfetta esemplifcazione di ciò che Hegel era da ritenersi “cattivo infinito”… manca di Aufhebung, esattamente come il pensiero di Mao e il suo rapporto con il problema dell’uno che si divide in due.
    Quindi: Hegel non è taoista.
    Mao ha dimostrato, in termini hegeliani leggila come un universale concreto, che hegelismo e daodejing funzionano assieme come la meringata e il diabete: bello ma inappropriato. E’ solo il desiderio che spinge a tali associazioni.

    P.S.: agitarsi e versare fiumi di parole come hai fatto non è taoista.
    Serve più armonia… tornare a Ockham

  8. neri

    non posso certo essere io a lamentarmi dei quiz a premi senza premi :D ed è piuttosto vero che agitarsi è proprio agli antipodi della condizione ideale che vogliamo raggiungere seguendo certe strade.
    Però, pensavo, non è agitarsi il problema, agitarsi è la manifestazione. Certo, al contrario uno può anche contenersi, frustrarsi, “tenere tutto dentro”. Dannoso. Il massimo è, immagino, non essere turbati in partenza, ci lavoro un altro po’ e poi scrivo un post, eh?
    A proposito della domanda di fastidio. Siamo in una situazione antinomica? Hegel è o non è taoista? O Hegel è taoista sotto alcuni aspetti, e non lo è sotto altri? O abbiamo ancora un po’ di elasticità e forse non ci preoccupiamo tanto di come chiamiamo Hegel, fintanto che ci intendiamo? Forse sembra che svicoli…
    Perché il daodejing è ottima esemplificazione di cattiva infinità? Visto che la cosa mi incuriosisce davvero, ti chiedo gentilmente di darmi qualche indicazione. Qui trovate un po’ di resistenza all’idea, e spiego perché: da una parte, associo la cattiva infinità a questioni morali e teologiche, nella pratica umana, prima che ontologiche. Fondamentalmente, in questo senso, la cattiva infinità la intendo come un campanello di allarme: “guarda, stai prendendo per assoluto qualcosa che non lo è”. Non vedo il nesso, in questo, con il Laozi.
    D’altra parte, cos’è Aufhebung? Benvenuti su un altro commento da otto cartelle…

    “Il boccio dispare nella fioritura, e si potrebbe dire che quello vien confutato da questa; similmente, all’apparire del frutto, il fiore vien dichiarato una falsa esistenza della pianta, e il frutto subentra al posto del fiore come sua verità. Tali forme non solo si distinguono, ma ciascuna di esse dilegua anche sotto la spinta dell’altra, perché esse sono reciprocamente incompatibili. Ma in pari tempo la loro fluida natura ne fa momenti dell’unità organica, nella quale esse non solo non si respingono, ma sono anzi necessarie l’una non meno dell’altra; e questa eguale necessità costituisce ora la vita dell’intero.” Fenomenologia

    Questo passare ad altro senza dimenticarsi del percorso fatto, si potrebbe dire l’Aufhebung. A mio modesto vedere, aufhebung, ragione e dialettica sono carrozzerie diverse per lo stesso motore.

    “La dialettica viene usualmente considerata come un’arte estrinseca che arbitrariamente porta confusione in concetti determinati e produce una semplice apparenza di contraddizioni in essi, in modo che non queste determinazioni, ma quest’apparenza sarebbe un nulla e l’intellettivo invece sarebbe il vero. […] La dialettica invece è questo immanente oltrepassare, in cui l’unilateralità e la limitatezza delle determinazioni dell’intelletto si espone per quello che è, cioè come la loro negazione. Ogni finito è il superare se stesso. La dialettica è quindi l’anima motrice del procedere scientifico ed è il principio mediante il quale soltanto il contenuto della scienza acquista un nesso immanente o una necessità, così come in esso in generale si trova la vera elevazione, non estrinseca, al di là del finito.”
    Enciclopedia

    Faccio notare: “la dialettica è questo immanente oltrepassare…”, o come cercavo di dire in altri termini, lo spontaneo tracollare al di là del limite che ci viene imposto.

    “Qualcosa è tolto [aufgehoben? Ah, il mio pessimo tedesco!] solo in quanto è entrato nell’unità col suo opposto.”
    Scienza della Logica

    E fin qui, per dare un’idea di cosa possa essere l’Aufhebung (ma ovviamente, questo non vi solleva dalla gravosa lettura dei testi originali, se interessati).

    Ora, in Laozi c’è o non c’è Aufhebung? Ecco, come rispondere a questa domanda, che mi faccio da solo visto che fastidio, pur ricco di stimoli, ha nondimeno già dato la sua risposta? Un modo potrebbe essere analizzare tutto il daodejing per mostrare come l’idea di momenti compresenti nell’unità organica, l’immanente rimandare di un momento al suo altro, siano piuttosto frequenti nel daodejing. Però due palle. Un altro modo potrebbe essere questo: Hegel dice che l’andare avanti è un tornare indietro e un fondare. Il daodejing dice che ritornare è la via del Dao.
    Ritornare a cosa? Boh, che cazzo ne so. Voi pensateci, eh? Eheh.

  9. mosq

    devo dire che questo blog, grazie agli sforzi del suo autore e dei suoi lettori offre sempre spunti gustosi di riflessione ma credo che ci troviamo davanti a uno dei suoi vertici in quanto a concetti e nozioni tirate in ballo.
    questo mi sembra positivo. devo anche aggiungere che la mia preparazione, esimi colleghi, è un po’ lontana da tali questioni e non sono avvezzo a maneggiare hegel (che è un gigante, per quanto bistrattato e poco alla moda) con tanta disinvoltura. mi permetto quindi di inserirmi nel dibattito con la sfacciataggine che mi è propria cercando di non prendere posizione nella polemica che mi pare bella e ricca, ma gettando altra carne al fuoco, come si fa nelle grigliate estive tra amici, vino, birra, carnazza e amor fati. e se la carne cresce faremo delle offerte.

    hegel, lo scetticismo, montaigne e zhuang-zi
    jullien, perniola e lo stoicismo.

    la suggestione è suggestiva, hegel taoista ci può stare se pensiamo alle personalità filosofiche che lo ispirarono, spinoza e il suo monismo (il taoismo è un monismo? per me, si) e eraclito, il divenire e gli opposti che lottano e interagiscono. certo se poi analizziamo e discriminiamo un minimo è ovvio che le differenze sono comunque molte. per questo rimando chiunque sia interessato alla questione a leggersi qualcosa di françois jullien (no, non mi paga per farlo), soprattutto “il saggio è senza idee o l’altro della filosofia” e “strategie del senso in cina e in grecia”.

    leggendo e rileggendo il zhuang-zi è facile imbattersi in passaggi che ad un lettore avvezzo alla filosofia occidentale suonano familiari. un certo scetticismo motivato dal sospetto per le definizioni e le discriminazioni logico-verbali, a volte del relativismo e del criticismo kantiano (!). Le risonanze sono biunivoche a volte, nel senso che se apro i saggi di montaigne ci trovo uno stile simile per respiro, pacatezza e serenità. altre volte è uno stoicismo (alla perniola, vedi: “del sentire”) a stimolare analogie. non fosse altro per il concetto del vivere secondo natura, proprio del saggio stoico. o del monismo insito nello stoicismo, insieme alla nozione di pneuma e allo sviluppo di una filosofia immanente e del divenire. in effetti il caso di montaigne è per certi versi esemplare: da grande lettore di classici qual era, mischia con sagacia elementi scettici, stoici, pescando da cicerone, da sesto empirico e da un’infinità di altri. sarebbe interessante dare da leggere montaigne ad un taoista e vedere ne viene fuori…

    mi fermo qui sapendo che il gioco delle analogie e delle differenze può continuare a lungo, a volte è divertente e stimolante, a volte può annoiare.
    ultimamente quello che mi interessa di più è sedermi semplicemente, sedermi nell’oblio e dimenticarmi delle dispute, delle questioni, delle ontologie, delle genealogie, delle archeologie, di me stesso. osservo i miei pensieri passare e andare via, ritornare e andare via nuovamente.

    saluto con due citazioni di zhuang-zi che amo e che mi sembrano in sintonia con il clima generale dei post:
    “Colui che non agisce secondo la propria sincerità interiore agisce sempre a sproposito.”
    “Di colui che sa che l’essere, il nulla, la morte e la vita hanno la stessa origine, io sono amico.”

    ciao,
    m.

  10. maodun

    Eheh, mosq, lo sai vero che sei stato tu a risvegliarmi dal torpore in cui ero piombato, e che è stato il tuo commento nel post [FASTIDIO] a farmi scrivere di hegel taoista?!
    Mi piace molto l’idea delle offerte, alla fine oggi non si fanno più sacrifici agli dei, ma ad esempio dopo un allenamento particolare (metti con il famoso maestro venuto da lontano), andiamo a mangiarci una pizza tutti insieme, che per quel che mi riguarda è la stessa cosa che sgozzare un pollo sull’altare (anche perché poi il pollo la gente se lo mangia, mica lo butta via…).

  11. mosq

    bene, mi fa piacere :)
    della risposta di fastidio ho apprezzato il richiamo a guglielmo di occam. la filosofia medioevale è una miniera di problemi e questioni e ritengo sia largamente sottovalutata. alla fine le radici dell’europa contemporanea non sono cristiane, sono medioevali. il medioevo è ovunque in europa, non ci si libera facilmente di quasi mille anni di storia…
    sulle offerte: è vero, se sgozzi il pollo poi magari te lo mangi insieme ai tuoi fratelli ma esiste anche l’offerta che consiste nella preparazione di prelibati piattini che poi lasci in particolari posti, luoghi… mai buttare via!

    ciao,
    m.