sette samurai – sichi nin no samurai

i sette samurai è un ricordo d’infanzia, di mio padre, il suo film preferito (?), probabilmente anche il mio. Ci sono poche persone con cui si possono vedere film del genere, vedi anche novecento o giù la testa, e quando li si è visti ci si sa. tre ore e spiccioli, i sette samurai, una rivelazione dai titoli di testa alla fine. Non fossero già le dieci e venti me lo riguarderei anche stasera. (nb. per i miei orari abituali, le dieci e venti è già ora di andare a dormire…)
(kurosawa)
(akira) 
 
i sette samurai è il mio assoluto cinematografico. c’è una fotografia migliore perfino di quella dell’odio, delle sequenze che la steadycam ti viene da ridere, ma soprattutto, c’è polpa. Ecco, non è, visivamente, tarkowski, non è andrei rublov (anche se la sequenza iniziale dei banditi in controluce…). però ci sono i samurai. ci sono i contadini miseri e meschini, il vecchio del villaggio. c’è quello che vuole fare il samurai pur essendo nato contadino. c’è il bisogno di stare uniti a combattere e non scappare perché c’è solo quella terra e quel riso, questi samurai che non hanno paura di niente e i contadini che l’unica forma di vita che conoscono è la paura. è terrificante eppure bellissimo. c’è la sensazione della necessità del momento, la consapevolezza dell’eccezionalità, il mettere a rischio la vita che giustifica o quantomeno allevia perfino la gravità di una scopata soffertissima tra la figlia di un contadino e il giovane samurai sensibile e idealista. Insomma, una lettura storicizzata della cosa fa abbastanza incazzare, roba da feudalesimo arretrato, e una lettura contestualizzata non sono in grado di darla, il film è del 54 e non ho idea di che cazzo succedesse in giappone nel 54 (!), e il romanzo di wuming non aiuta neanche per l’italia più di tanto, per cui figuriamoci. Epperò sono convinto che la risposta orgasmica che produce questo film in me scorre per altri canali, potrei continuare con la farsa della "lettura" e parlare di una "lettura trascendentale" se fossi un po’ più paraculo, ma è solo che la rappresentazione di gente che non ha paura della morte senza essere fanatici di qualche tipo mi esalta proprio, ogni scena è soddisfazione. Nel senso questi samurai raccontano più di quante volte sono scappati, sono stati sconfitti, che delle loro vittorie, eppure sono ancora vivi a raccontarlo (e a questo giro non ne restano tanti). Eppure vanno a proteggere un villaggio di contadini per un piatto di riso al giorno, nessun onore e nessuna promozione sociale, né tantomeno denaro. Contro 40 bigranti, feroci brutali e spietati. che hanno pure tre moschetti, prima, e solo uno alla fine, ma con quelli riescono a ammazzarci quattro dei sette samurai (e nota bene, non ce n’è uno che venga ammazzato in combattimento all’arma bianca, come si suol dire: i samurai vengono estinti dai fucili). Si, scusate se vi rovino la sorpresa. Se avete visto i magnifici sette su rete4 è uguale, solo in versione western (che tristezza). Così come per qualche dollaro in più è ripreso da un film di kurosawa, a sua volta preso da un racconto poliziesco americano (o dico una solenne cazzata?), e successivamente ripreso da un film con bruce willis che non ho mai visto e forse pure un altro. dicevamo, kurosawa…
e poi viene da chiedersi, perché cazzo questi contadini non hanno il loro wushu? il loro stile di famiglia? in cina come sarebbero andate le cose? A seconda della volontà del narratore, ovvio. in cina hai villaggi di guerrieri, di contadini taijiquanti, di miserabili. il popolo è rappresentato alle volte proprio bastardo, rassegnato ma sottomesso mica poi tanto. Anche questo è strano. Ma poi dov’è che il popolo è rappresentato, in cina? proprio in quanto popolo, innanzitutto, non è rappresentabile, è un’astrazione. c’è questo tizio e quest’altro, questa donna, il medico, il maestro di arti marziali, il garzone, quello che c’ha il ristorante. come fai, dipingi il quarto stato? il popolo con la divisa maoista? neanche quello sembra un popolo. I cinesi sono troppi. Sono unificati dalla loro cultura? Dalle loro abitudini alimentari, al massimo.
Insomma, uno non è che si allena tutti i giorni così, a caso, per niente. no? la chiarezza mentale. cioè quella che manca. c’è chi la cerca. nell’assurdità, nell’affanno, nella noia. nel piacere e nella soddisfazione. nel presente.