Quando ero piccolo… praticai un po di gongfu nella scuola di un supermaestro di quelli che hanno cominciato a 6 anni ad allenarsi col supersupermaestro segreto (panzane, ovviamente, ma guai a mettere in discussione la sacra parola del super maestro). Comunque, fu allora che vidi per la prima volta dal vivo gente che allenava taijiquan.
[Stuart, ora tornato da obama, nella posizione della gru ubriaca]
Le vidi che si allenavano all’alba, sulla spiaggia marchigiana di s.benedetto del tronto. Venni cazziato perché ero uscito dall’albergo senza avvertire (chiaro che alle 6 del mattino ho voglia di andare a svegliare chiccessia per dirgli, guarda vado a fare una passeggiata), mancò poco che non mi consegnassero il preziosissimo attestato di partecipazione allo stage del supermaestro.Comunque, di quel periodo conservo il ricordo di sifu winlam, delle tipe che allenavano taiji in spiaggia e di alberto.
Alberto è un karateka di lungo corso che si era temporaneamente dato al kungfu. Quando l’ho conosciuto mi stava profondamente sul cazzo, ora, per quanto i contatti si siano allentati (troppo), è una persona che porto con me, oltre ad essere il primo che mi ha insegnato, dopo che eravamo entrambi usciti dalla scuola del supermaestro, la yang 24 di pechino (cosiddetta), ossia la forma introduttiva dello stile yang. All’epoca mi disse che chi allenava stili interni non doveva allenare in contemporanea stili esterni, né fare pesi né esercizi del genere. Non mi spiegò il perché, tuttavia. Oggi ci provo io.
Questa nozione, che non bisogna ad esempio fare pesi, l’ho incontrata effettivamente diverse volte, in seguito, senza mai trovare spiegazioni valide. La spiegazione sta nel junyun (均匀), di fronte al quale si manifestano i miei limiti letterari (ah, caro vinz, invidio la tua penna). In inglese viene tradotto "even", qualcosa di simile ad una equa distribuzione.
Parlando con andrea, ex pallavolista di passaggio a kunming, veniva fuori che durante gli allenamenti a cui veniva sottoposto, l’obiettivo degli esercizi era attivare di volta in volta un muscolo o fascia di muscoli per renderla più potente e veloce. Questo è lo stile occidentale (xishi – 西式), triste quanto inevitabile conseguenza di cristianesimo, cartesio e positivismo e neopositivismo che certo non manca di sostenitori anche e sempre più da queste parti. I muscoli sono individuati come unità motorie irriducibili, ossia il soggetto dell’azione è il muscolo intero, ed è ad esso che rivolgo la mia intenzione, non sorprendentemente attraverso traiettorie elementari, rettilinee. La velocità e la forza sono viste come la sommatoria di tutte queste parti isolate.
Quando mi alleno, la prima cosa che alleno è il sistema nervoso. Ora, nel xishi la sollecitazione a cui è sottoposto il sistema nervoso è quella di relazionarsi con tutto e solo un muscolo, ossia una parte isolata. Tutto sommato, una cosa abbastanza semplice. Nel taijiquan, tuttavia, le cose vanno in maniera differente (sorpresa!)
L’intenzione, o yi (意), viene progressivamente calata nei più remoti meandri del corpo. Cosa vuol dire? Che il sistema nervoso, normalmente insensibile e assopito, viene intenzionamente stimolato cercando di volta in volta di "toccare dall’interno" un po’ più in profondità. Praticamente, uno stretching del sistema nervoso. E più in profondità si va, più si dice al proprio corpo "allenta". Lavorare sulle articolazioni implica lavorare sui muscoli perché sono i muscoli che stringono e costringono, o rilassano, le articolazioni. Le posizioni statiche lavorano moltissimo sui tendini solo per il fatto di essere statiche, a prescindere dall’uso che si fa dello yi.
Allenando la forma, non è che non si utilizzino i muscoli, al contrario, si utilizzano e tutti insieme come fossero una cosa sola con tendini, articolazioni, sistema nervoso sistema respiratorio e sistema emotivo. Non a caso il taijiquan è detto l’arte dei 10 anni (che sono quelli che servono per arrivare alla soglia, poi da lì comincia il bello).
Cosa vuol dire che si utilizzano tutte ste robe insieme (e soprattutto sistema respiratorio ed emotivo)? Altro riferimento alla chiaccherata con andrea: all’interno della dicotomia mente corpo, la concezione di rilassamento risulta paradossale. Come faccio a rilassarmi se per rilassare il corpo devo usare la mente, e per rilassare la mente devo usare il corpo? Il controllo della respirazione può avvenire intenzionalmente, ma a quel punto il rilassamento sarà solo parziale. Ma praticando (correttamente) la forma di taijiquan, quello che avviene è che ad un certo punto, quando la si è imparata sufficientemente bene da non dover fare sforzi per ricordarsela, è la pratica stessa della forma che induce non solo un ritmo, ma anche una profondità della respirazione tali che hanno profonde retroazioni sulla qualità del proprio rilassamento, cioè delle proprie emozioni, sulla lucidità della percezione, sui riflessi. La dicotomia mente corpo esiste, ma non per questo non può essere superata.
Nel Laozi (老子, vecchio seme), il classico del taoismo (noto anche come tao te ching), è detto che il sapiente impara, il saggio disimpara, il sapiente distingue, il saggio "abbraccia". Inutile dire in che direzione è andata la cultura occidentale…ma piuttosto è interessante vedere come il taijiquan sia una cosciente applicazione dei concetti del Laozi. Anzi, alle volte mentre mi alleno ho il sospetto che il Laozi sia anche un testo di arti marziali, tanta è la rispondenza.
Il junyun, tanto per chiudere il discorso che potrebbe altrimenti andare avanti per non so quanto, è dunque l’idea di non discriminare… i muscoli. E il fisico di un praticante di taijiquan lo dimostra piuttosto bene: i muscoli non sono particolarmente delineati, ma non per questo non sono esercitati. Solo che si impara ad usarli in maniera distribuita. Per farlo, ovviamente bisogna essere connessi, tubolari, wanzhendi e quant’altro. O meglio, va tutto insieme, e di giorno in giorno si fa un microscopico passettino in avanti in tutte queste direzioni. Certo, i risultati non sono così immediati come un mese di palestra.
ps: stuart, nella prima foto, per quanto evidentemente rilassato, aggiungeva esercizi di pesistica al suo allenamento, per una questione fondamentalmente estetica credo.Non credo che questo giovasse molto al suo junyun.
poco da invidiare: non scrivo da stagioni, in fase di assimilazione nell’ultimo mese ho letto: la trilogia noir di izzo, il sole dei morenti, sonetàula, jesus’son, huye hombre huye, gramsci è morto, piccole storie (ddr), vite di pirati. eppure, neri, con tanta preparazione arrivo a leggere il tuo blog e ci capisco sempre meno…
Riscrivero’ il commento che ho purtroppo cancellato…
c’è un che di inquietantemente ricorsivo nel tuo commento, michele…