il ventennio democratico – I

piove a dirotto, qui a kunming. sono stato tappato in casa per due giorni, obliterando neuroni, leggendo le nuove dall’italia. la mia selezione delle fonti: repubblica e noblogs. ogni tot ore apro noblogs.org e mi vado a leggere i nuovi post, dalla rete dei collettivi, da ombra, dagli anarchici pistoiesi, e quant’altri. Leggo le dichiarazioni di cossiga. Leggo degli studenti, di piazza navona, di blocco studentesco. Leggo le dichiarazioni di curzio maltese, che un tempo non mi sembrava troppo rincoglionito e ora è diventato il più ingenuo dei giornalisti di sinistra. "Oddio, e la polizia non faceva niente". Sai che sorpresa.

Ora. Un centinaio di banchieri e affaristi prende le decisioni sostanziali riguardanti il destino di questo pianeta. Al loro comando, i produttori della coscienza comune, del pensare amorfo e intubato, alimentazione coatta della mente, del cuore, del costume. Al loro comando, i servizi di informazione, quelli che le informazioni le raccolgono, non le diffondono (anzi), quelli che mettono videocamere ovunque, che mettono microchip nei documenti di identità e nei passaporti. Al loro comando gli eserciti, le polizie, i corpi antisommossa e quelli di assalto. Piuttosto fedeli, sì.

Ora. La rete neurale costituita dall’umanità dei paesi industrializzati, post-industriali, e in via di sviluppo sta vibrando agitata, parte spontaneamente, parte bacchettata. La fine del petrolio, più o meno prossima che sia, è uno scenario sempre più presente anche nella coscienza nullificata del più rincoglionito dei trogloditi prodotti dalle televisioni, dalla stampa e sempre più dal sistema scolastico e universitario. 

Ora. La razionalità non è un’opzione. La razionalità è l’apoteosi del dominio, auschwitz, la burocratizzazione totale della creatività e della vita. La razionalità è l’affrontare serenamente la situazione, senza rinunciare alla passione, è decidere di fare altrimenti. Razionalità è una parola triste, perché in sé ha preso due strade del tutto contrapposte, e che dovranno scontrarsi prima o poi.

L’Italia è un triste banco di prova. Il cattivo esempio. Si può ricominciare da qui, da noi. Si può ricominciare da qui a unificare i sindacati sotto un’unica bandiera (azzurra non più nera). A sottomettere la magistratura al potere politico. A creare leggi prerogative per categorie sociali, siano esse imprenditori o stranieri. Questo è stato il percorso istituzionale del fascismo, a suo tempo.

Il potere ha nomi, volti, scuole di formazione, club, relazioni matrimoniali. Il potere è una rete sociale forse neppure troppo difficile da studiare. Il potere è libero. Perché non deve rispondere a nessuno. Perché può fingere di credere a ciò in cui gli altri devono credere, e fare tutto il contrario (avete idea di quanta gente s’inculi il papa? ma l’avete guardato in faccia?).

E il potere impara. Impara dai propri errori, impara a sfruttare le nuove opportunità. Dio che gioia dev’essere stata, l’invenzione della televisione. Chi ha più bisogno di avere i fascisti? Certo, servono ancora giovani corpi esaltati dal testosterone, servono perché dall’altra parte c’è una manica di vacche indù che hanno bisogno dei pastori (no, non i mansueti pastori delle egloghe, i pastori sardi o rumeni con il bastone in mano e il coltello in tasca). Ma intanto, la battaglia più importante è già stata vinta, perché antropologicamente non c’è più differenza. La differenza non può stare solo in programma politico, nelle dichiarazioni dei leader, nelle campagne elettorali, nell’espressione di una preferenza superficiale e coatta, pure lei. La differenza era / è / ha da essere antropologica. Sarà il modo in cui mi relazionerò a chi ho accanto, sarà la qualità delle emozioni che provo, sarà il modo in cui ho imparato a gestirle, a fare la differenza.

Sarà l’aver imparato a non avere paura di chi non conosco, di chi non è come me. Sarà l’aver imparato a non infierire sul più debole. L’aver imparato a tendere la mano. L’aver imparato a stringere il pugno.

Fine della poesia. Torniamo alle vacche indù. Alla sinistra buona. Alla sinistra che sa solo essere buona perché non sa più cosa volere perché vuole le stesse cose della destra, ma senza sporcarsi le mani, con il commercio equo, con il reddito garantito. Dimentica della realtà in cui è immersa. Ignara del fatto che ormai è fuori dai confini nazionali, fuori da quelli europei, che dipende la produzione dei beni che pure lei vuole consumare. Che è fuori da quei confini, là dove guarda caso si combattono tutte le guerre del mondo, che provengono le risorse naturali che permettono a questa macchina priva di senso di andare avanti, sempre più avanti. Dove i salari sono bassi, quando esistono. Dove si allevano i terroristi di oggi e di domani. In fondo vogliamo solo recuperare l’aspetto ludico della nostra decadenza, vogliamo il trash perché siamo intelligenti e ne ridiamo per non deprimerci del mondo in cui viviamo e in cui non riusciamo a capire come fare la differenza (senza sporcarci le mani, beninteso). In fondo, vogliamo solo divertirci un po’.

Fine della prima mandata.

9 responses to “il ventennio democratico – I”

  1. ET

    permettimi di dissentire dal tuo giudizio su curzio maltese. l’articolo mi sembra volutamente “ingenuo”, è scritto in modo che anche i distratti o gli esitanti possano pensare “oddio, ma che sta succedendo?”. Sai da quanto tempo il governo parla di “facinorosi” (ovviamente di sinistra)senza che ci fosse nessuno scontro all’orizzonte? e quando lo scontro avviene, uno sguardo “ingenuo” registra i fatti e ti fa vedere come stanno le cose…
    o almeno, questo è il mio punto di vista.
    baci

  2. vera

    …anche perché Maltese è l’unico che sugli organi nazionali (non parlo di informazione più intelligente) abbia scritto a chiare e ingenue parole che non si è trattato di uno scontro tra fazioni opposte ma di un’azione premeditata. Perfino il Corriere ha taciuto e, soprattutto, ha relegato la notizia “in basso”. Per il resto ne ho le palle piene di questa sinistra buona. L’ho detto anche ai miei studenti, a costo di essere bollata per facinorosa. Non si può più avere il lusso di non schierarsi. “Non ne facciamo una questione politica”, dicono alcuni studenti intervistati. Ma lo è, eccome se lo è!

  3. ET

    …tant’è che ogni decisione sull’università è stata rimandata. Paura dei sondaggi, sembra, ora meno favorevoli al governo.Perché, anche se quegli studenti intervistati forse non se ne rendono conto, stanno facendo politica. Vengono fuori da anni di manganello mediatico (che continua tuttora), si tratta di vedere quanto riescono a resistere una volta scoperto che si può pensare altro…

  4. pengo

    perché intanto la riforma delle scuole è passata, i fasci sono in piazza, gli sbirri li lasciano fare, la sinistra è un cesso. ora, capisco che menzionare maltese ha dato il gancio per commentare qualcosa di meno drammatico del ventennio democratico che è già a un terzo del suo cammino, però di maltese sinceramente non me ne frega un cazzo.
    buongiorno.

  5. margherita

    l’url dei link non è corretto, non trova le pagine.

  6. pengo

    corretto, grazie :)

  7. Marina

    Una curiositá: ma in Cina che dicono della vittoria elettorale di Obama?
    No, perché in Europa la gente sembra impazzita…

    Un bacio.

  8. pengo

    personalmente non seguo la stampa cinese visto che è arabo, però ti rimando a

    http://www.chen-ying.net/blog/?p=415
    http://www.danwei.org/…bama_in_chinese_media.php

    dove trovi un po’ di tutto.

  9. Marina

    Grazie mille per i riferimenti.

    Un grande abbraccio