[Pieno e vuoto] mi fumo una stizza

La vita è già abbastanza un casino per un sasso che si stacca dal masso, viene scalciato da un orso, rotola giù e finisce in un fiume dove l’acqua se lo liscia per anni fino a quando arriva un omino che lo raccoglie e lo plasta su altri sassi per farne il muro del suo porcile finché non arriva un terremoto che butta giù tutto. E il sasso non fa mai un piega, non si agita quando viene eroso, non si esalta mentre vola giù dalla montagna, non si impaurisce quando si stacca dal masso.

 

In questo momento il pieno è quello che è necessario. Il buon senso vuole che quello che è necessario non necessariamente venga attuato, raggiunto o realizzato: è necessario mangiare, anche se potremmo trovarci a, o decidere di, non mangiare.

Il vuoto in questo momento è quello che non è necessario: in particolare allenare il taijiquan, ma anche fare una passeggiata, o una carezza, o mangiare una fetta di pane col miele (o la marmellata, questione di scuole).

Pieno e Vuoto sono relativi e complementari. Un vuoto assoluto, o un pieno assoluto, sono solo fantasmi che una mente non ancorata alla realtà, una mente magari insoddisfatta, rincorre nella speranza di trovare in essi la propria radice, un qualche punto di appoggio che le fornisca un po’ di stabilità (e povera mente ne deve fare ancora di strada…).

La vita è un espandersi e contrarsi continuo, e tutte le sue manifestazioni hanno in sé, e nei loro rapporti reciproci, questo espandersi e contrarsi. Non è possibile solo inspirare (non a caso, si inzia a vivere con una bella inspirazione e si finisce con una bella esalazione).

Così, anche il pieno e il vuoto più generali delle nostre vite saranno soggetti a questo moto mareale. Come le maree dei quattro mari, anche quelle della vita sono sottoposte a leggi, seguono cicli e hanno il loro ritmo. Come le maree dei quattro mari, anche quelle della vita si manifestano in maniere differenti: una marea all’equatore può esser lunga un paio di chilometri, le alghe a palletta sulla spiaggia di marina di bibbona non van più in là di un dieci metri. 

Gli stessi principi si applicano in maniera differente nei contesti differenti, la Vita, il processo che tutto unisce (un po’ come la Forza), trova il modo di compensare, non importa se si è all’equatore o al polo nord, magri o grassi, giovani o vecchi. Ed è per questo che lo studio del taijiquan, della medicina cinese, e del taoismo sono così interessanti e, soprattutto, utili, perché si basano sui principi con cui la Vita si manifesta, sulla complementarietà e sulla reciprocità. Studiando, posso capire allora cosa comple(men)terà cosa, cosa è in relazione con cosa, perché assunto che tutto è in relazione con tutto, poi bisogna studiare un pochettino, o essere molto recettivi e aperti, per vedere come queste relazioni si danno.

Facciamo un esempio critico: fumare. Smetto di fumare e ricomincio, e non è affatto difficile vedere il moto mareale, la ciclicità della cosa. Il fumo, tra le altre cose, aiuta ad attivare l’intero processo digestivo (dalla sigaretta dopo pranzo a quella al mattino prima di andare di corpo), immette aria calda, rilassa e presumibilmente per quanto paradossalmente stimola momentaneamente la circolazione del qi nel triplice riscaldatore (cioè in tutto il busto, inteso come complesso di zona pelvica e intestini, zona della prima digestione, stomaco e milza, e zona della respirazione e pulsazione). Ora, l’ultima volta che ho smesso di fumare è stato, per quanto folle possa sembrare, proprio in un periodo che avrebbe dovuto invece essere di grande tensione, cioè quando stavo scrivendo la tesi. In quel periodo mi alzavo tutti i giorni alle 6, 6.30 e mi facevo la mia oretta di palo eretto. Se c’è un effetto gradevole del palo eretto, fatto a modino e cioè bello rilassato, è che man mano tutto il busto, dalla zona pelvica alle spalle, si rilassa e si armonizza, e questo alla lunga (sì, non è una cosa che si sperimenta in due giorni) rende il processo digestivo molto più sereno, si va meglio di corpo, si hanno meno gas, e anche l’atto del mangiare diventa più equilibrato: si mangia meno, più piano, si capisce meglio di cosa ha effettivamente bisogno il corpo, i sapori diventano più distinti, ed ecco che, come per magia, quando ci si mette in bocca una sigaretta il sapore diventa via via più sgradevole. Man mano, si è compensato.