In colombia. Nel Cauca, la repubblica indigena, cosiddetta per l’enorme numero di etnie e comunità indigene. Ho avuto la fortuna di partecipare alla festa per il 23 anniversario della comune indigena di Ambalo: dopo anni di lotte per riconquistare la terra al latifondo selvaggio che domina il territorio colombiano, nel 1991 la nuova costituzione riconosceva agli indigeni il diritto a reclamare le loro terre ancestrali, legittimando molte delle occupazioni avvenute negli anni precedenti. Ri-nascevano così diverse comunità indigene. La comunità di Ambalo è particolarmente interessante: la proprietà delle terre è della comunità, che le ripartisce ai vari gruppi familiari, tutte le cariche sono elette direttamente dalla comunità, non durano più di due anni e spesso prevedono una rotazione. Ma soprattutto, la comunità non è monoetnica, pur essendo "indigena": al suo interno vi sono tre etnie principali, ma fondamentalmente, chiunque partecipi alla vita della comunità diventa "indigeno", slittando la semantica del termine da una categoria etnica ad una politica. Sei quello che fai. E la via indigena della comunità di Ambalo era una rilettura dell’indigeno alla luce del neocapitalismo, al quale si opponeva nelle forme di sfruttamento della natura, a bassa intensità, senza uso di pesticidi e fertilizzanti, nel baratto mensile che avviene con le altre comunità che trovandosi ad altitudini differenti hanno una produzione agricola diversa, nel senso di comunità palpabile in cui ognuno è responsabile dell’intera comunità.
Durante la festa ho conosciuto una guardia indigena. Come tutte le altre cariche della comunità, hanno un bastone colorato, solo che il loro è un po’ più robusto. Mi raccontava di Maria Piendamo, che non è una signora, ma un posto, dove ogni tot si riuniscono tutte le comunità del cauca in assemblea. Un anno prima che andassi a trovarli, l’assemblea di Maria Piendamo era stata assaltata dall’esercito e dall’ESMAD, le squadre antisommossa colpevoli di innumerevoli morti di studenti, antagonisti vari e indigeni. Erano stati tre giorni di guerra campale, gli sbirri armati di fucili, lacrimogeni, in armatura antisommossa e coi blindati, nonché quei simpatici pali ricoperti di filo spinato con le lame che sostiuiscono ai manganelli, gli indigeni con pietre, fionde e i bastoni. Finché quelli dell’ESMAD non hanno ammazzato una guardia indigena.
Le guardie indigene sono i responsabili della vita nel territorio indigeno. Di tutta la vita, della vita dei membri della comunità, dell’ambiente, perfino degli sbirri. Tre dei quali erano stati catturati, e proprio il ragazzo con cui stavo parlando si era trovato a doverli salvare dal linciaggio che rischiavano per mano della gente alquanto incazzata. Insieme ad altre due guardie, se li era portati a giro sui monti per due notti, di villaggio in villagio, e raccontava ridendo come un bambino di come era stato difficile restare serio mentre uno degli sbirri piangendo in ginocchio lo pregava di non ammazzarlo. "E tu cosa faresti al posto mio?", gli aveva risposto… alla fine, gli sbirri erano stati scambiati con gli indigeni arrestati, ed era tornata la pace.
Mentre ero là, mi chiedevo quanto potesse sopravvivere un’esperienza del genere. Un’esperienza potentissima, dove il livello di autocoscienza collettiva della comunità era altissimo, dove i bambini erano trattati con lo stesso rispetto degli adulti, e con altrettanto rispetto rispondevano, dove non esisteva la televisione ma le persone erano informate sui piani di sfruttamento del bacino amazzonico da parte delle multinazionali.
Oggi ho ricevuto una mail che denuncia una nuova aggressione degli infami proprio all’ultima assemblea di Maria Piendamo.
"[Concejo Regional Indígena del Cauca y otros]
Desde el 13 de octubre hasta el día de hoy 15 de octubre de 2008, un contingente de por lo menos 1000 hombres entre los que se encuentran efectivos del Escuadrón Móvil Antidisturbios ESMAD, miembros del Ejercito Nacional adscritos al Batallón José Hilario
López, la Brigada 29 y la III Brigada del Ejército, ubicados el resguardo la María Piendamo, haciendo uso de la Fuerza de manera desproporcionada detienen y maltratan a los indígenas que se encuentran en la Minga por la Vida y la Resistencia.
En el día de hoy la fuerza pública disparó con fusiles Galil y fusiles 765, contra la humanidad de la población indígena y ha utilizado durante los tres días de manera irregular tiros recalzados en los disparos de gases lacrimógenos y granadas de mano, es decir,
que son tiros que de manera inusual cargan con pólvora negra, puntillas, tachuelas y vidrios que al detonar genera una descarga de esquirlas. Así mismo han utilizado machetes y garrotes.
El reporte hasta el momento es de por lo menos 100 indígenas heridos de gravedad entre ellos 5 con tiros de fusil, es de anotar que estos reportes no representan el total de los heridos pues la labor del cuerpo médico de la IPS indígena y de los defensores de derechos humanos ha sido impedida, por las múltiples agresiones de la Fuerza Pública. De la misma manera varios medios de comunicación han querido llegar hasta los diferentes lugares de concentración de los indígenas y han visto su labor totalmente obstaculizada en los dos departamentos."
Non commento, soffro un poco. Ambalo è uno dei posti dove mi piacerebbe andare una volta che potessi curare la gente piantandogli aghi nel collo. Bastardi.