brevi (e meno brevi) dalla cina

o meglio da kunming…

 

gli appunti segreti di qigong 

 

come un imbecille continuo a provare a chiamare mia madre a casa, orgoglioso di essermi comprato la mia prima scheda telefonica internazionale, nonostante abbia letto la sua mail in cui mi dice di essere al mare.


-vogliamo i mestieri ma non vogliamo lavorare. vogliamo costruirci le case da soli, non fare i muratori per costruire villette a schiera. vogliamo l’orto, non vendere al mercato. I mestieri sono segreti custoditi gelosamente, come il gongfu. O come ebbe a dire il grasso sam chin, hai voglia a farti dire i segreti, non ci sono segreti, c’è solo il duro lavoro.


-nelle mie botte di paranoia non voglio parlare di qigong perché fa rima con un altro gong, poi mi rilasso e scopro che non ho molto da dire. Quel poco, ovviamente, è un segreto.

 

 

 

-penso a dario, morto in (credo) nepal. non è un bel pensiero. non ho mai saputo come sia realmente morto. Sarebbe il momento giusto di saperlo, ma credo che non lo scoprirò mai.


-mi sono impelagato, troppe strade aperte. attendo a prendere una decisione. i miei progetti si sono sbriciolati ancora una volta. E’ il caso di sedere a gambe incrociate per un po’.


-almeno so cosa voglio tatuarmi. e dove. si tratta di trovare il tatuatore.


-penso a un paio di amici che stanno entrando a pieno ritmo titolo e quant’altro nel mondo accademico attraverso la stretta porta della ricerca. Sono logici, formalisti. vorrei lanciarmi in un’apologia della filosofia verdadera, ma sto scrivendo sul mio computer di ormai tre anni, e se loro lavoreranno bene tra poco il mio nuovo computer sarà in grado di persuadermi a dedicarmi ad altre attività più utili o produttive o ancor meglio consumative, tipo comprarmi una nuova lavatrice visto che in effetti ci stavo pensando (ha visto che per tre volte sono andato sul sito della Cinatronics). Mah, in effetti, se sono il primo a sputare sulla filosofia che rompo i coglioni a fare al prossimo? Fate conto di avere in mano un prezioso tesoro, un anello magico che se ci guardi attraverso vedi l’invisibile e se lo accosti all’orecchio senti i sospiri della terra e le scuregge delle nuvole. Solo che per trovare il gioiello hai dovuto scalare montagne e sconfiggere demoni, nuotare negli abissi dove il drago del mare dell’ovest ha il suo palazzo e convincerlo a suon di sberle a sganciare il ninnolo, e una volta riemerso, scopri che quello che vedi attraverso il tesoro lo vedi solo tu. Neppure quelli che ti hanno detto dove trovarlo ti credono, con poche eccezioni che sfortunatamente sono sul punto di morire o in una posizione particolarmente scomoda, tenuti per le palle dai ministri del regno che gli fanno annusare una promozione da anni senza dar loro alcunche’.


-posso ridurre i cinesi che conosco a due categorie alternative (con eccezioni intermedie): quelli di città e quelli di provincia. Con quelli di provincia mi ci sono trovato insieme così, perché ho deciso di andare a stare in un tempio, e quindi niente, io non ho cercato loro e loro non hanno cercato me, ci siamo trovati, ci siamo sbronzati, abbiamo viaggiato insieme. Dou keyi, tutto va bene. Domani andiamo lì. Va bene. Mangiamo questo. Va bene. Lasciarsi portare, imparare imitando, non rifiutare, MAI. In cinese un modo per dire felice è kaixin, cuore aperto. Tornato a kunming mi sono accorto che alcuni laowai che conosco non s’agguantano, proprio non ce la fanno. Dipende da loro? Dipende dai cinesi di città? Come si fa? Si parte da un assunto: sei un laowai del cazzo, non si scappa. Solo che in campagna te lo sbattono nel muso e ti prendono per il culo a diritto, anche gli amici. In città non mi sento chiamare laowai, e quasi mi manca (per quanto a volte mi snervi non poco, nel campo). Sono più furbi, in città? E’ difficile non sentire che dietro c’è sempre un interesse altro. Paradossalmente, mi sento più laowai a kunming che a weishan. Ora, che dietro ci sia un interesse altro non è una sensazione esclusivamente cinese, in effetti. Ma come diceva un amico, almeno all’ovest le cose sono più chiare. Qui business e amicizia sono spesso la stessa cosa, e in linea di massima si tratta solo di non preoccuparsene troppo. Hmm… oppure no. O forse sono solo i taoisti che mi piacciono tanto.

4 responses to “brevi (e meno brevi) dalla cina”

  1. v

    Era proprio lì… e ci penso ancora.
    Un abbraccio

  2. laura

    Ciao laowai,
    proprio oggi mi sembra di avere un anello magico in mano e nessuno con cui condividere l’apertura, le possibilità che implica poter sentire le puzzette delle nuvole. Ma lo sapevo anche prima che va così, lo acquisisci durante il processo questo sapere che poi era già lì -ed infatti il percorso è detto di formazione. Già era difficile prima, immaginati se parliamo di cose che non si vedono. Secondo me neanche la burocrazia si vede, ma si ostinano tutti a credere che esista. Ma è nell’altro che viviamo. Quindi siamo tutti laowai e lo siamo sempre.
    Ora mi metto un po’ a gambe incrociate. E siccome siamo uno strano miscuglio di scelte tecniche e dolore, simboli cui attribuiamo significati privatissimi e in verità condivisi, e di logica, allegria e sincero disimpegno, poi mi taglierò i capelli, che ne dici?

  3. neri

    hai dell’ottima droga…
    invidia…

  4. giuseppe

    ciao neri come te la passi, in maniera varia credo..bene un pò tutti anche qui…variamente e con molti dubbi e perplessità..in una calda e umida serata estiva toscana ti penso e ti scrivo un abbraccio
    pq